TRIBUNALE DI COSENZA 
                           Sezione Penale 
 
N. 5779/2012 R.G.N.R. 
    Il  giudice,  dott.  Alfredo  Cosenza,  nel  procedimento  penale
indicato in epigrafe nei confronti/a carico di Guidetti Luca imputato
del reato previsto e  punito  dall'art.  10-bis  decreto  legislativo
74/2000; 
    Rilevato che la difesa dell'imputato, con memoria  depositata  in
data  27.6.2014,  ha  prospettato  una  eccezione   di   legittimita'
costituzionale della norma  incriminatrice  nella  specie  contestata
all'imputato, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte
in cui, con riferimento ai fatti commessi fino al 17 settembre  2011,
punisce  l'omesso  versamento   delle   ritenute   risultanti   dalla
certificazione rilasciata ai sostituti anche per importi inferiori  a
103.291,38 euro ove posta in raffronto con  la  fattispecie  prevista
dall'art. 10-ter decreto legislativo 74/2000 nonche' degli artt. 4  e
5 del medesimo testo legislativo. 
    Questione,   peraltro,   gia'   sollevata,   con   identita'   di
argomentazioni giuridiche, dal Tribunale di Verona con ordinanza  del
21 luglio 2014,  dal  Tribunale  di  Treviso  con  ordinanza  del  16
settembre 2014 nonche' dal Tribunale di Milano con ordinanza  del  18
giugno 2014. 
    Sentite le parti all'udienza del 2 luglio 2014; 
 
                               Osserva 
 
    Deve, in primo luogo,  affermarsi  la  rilevanza  della  proposta
questione di illegittimita' costituzionale, atteso  che  all'imputato
e' contestata la violazione dell'art. 10-bis del decreto  legislativo
74 del 2000, per aver omesso di versare,  in  relazione  all'anno  di
imposta 2008, e quindi con consumazione  al  30.9.2009,  le  ritenute
risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti relativamente
ad emolumenti erogati, per l'importo complessivo di euro 88.444,00. 
    Per cui, nell'ipotesi di ritenuta fondatezza della  questione  di
illegittimita' costituzionale, ove per i fatti commessi  fino  al  17
settembre 2011 la punibilita' ai  sensi  dell'art.  10-bis  in  esame
fosse limitata alle condotte che comportano un'evasione  per  importi
superiori  a  103.291,38  euro,   l'imputato   andrebbe   esente   da
responsabilita' penale. 
    Cio'  posto,  in  ordine  alla  valutazione  di   non   manifesta
infondatezza  della  questione,  questo  Giudice  ritiene  di   dover
convenire con le argomentazioni in diritto svolte in linea principale
dalla difesa per sostenere la  fondatezza  dell'eccezione  svolta  in
relazione  al  parametro  costituzionale  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione. 
    Si osserva, sul punto, come la Corte Costituzionale con  sentenza
n. 80 del 2014 ha affermato, con argomentazione del tutto  analoga  a
quella richiamata dalla difesa  dell'imputato  nel  caso  di  specie,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10-ter decreto  legislativo
74 del 2000, nella parte in cui, per i  fatti  commessi  fino  al  17
settembre 2011, prevede la punibilita' delle condotte che  comportano
l'omesso versamento di importi relativi all'Iva riscossa superiori  a
103.291,38. 
    L'art.  10-bis  del  decreto  legislativo  74   del   2000,   con
formulazione del tutto omologa a quella della norma  censurata  sotto
il   profilo   della   legittimita'   costituzionale   dalla    Corte
Costituzionale, per l'omesso versamento di importi  trattenuti  quale
sostituto prevede la punibilita' anche nei casi in  cui  la  condotta
comporti un'evasione di importi superori inferiori a 103.291,38 euro,
ma superiori a 50.000,00 euro. 
    L'esposta differenza di regime sanzionatorio e la  minore  soglia
di  rilevanza  penale  prevista,  non  appare,  invero,  trovare  una
spiegazione ragionevole nella diversa natura  fiscale  degli  importi
cui fanno riferimento le due  norme  ossia  dell'imposta  sul  valore
aggiunto e delle ritenute effettuate quale  sostituto  d'imposta,  le
due norme incriminatrici considerate,  gli  artt.  10-bis  e  10-ter,
mostrano avere identita' strutturale completamente sovrapponibile tra
loro. 
    Come e' noto, infatti, l'art. 10-ter si limita a richiamare,  sia
quanto ai presupposti di operativita' della norma in  relazione  alla
soglia di punibilita', sia quanto  alla  commisurazione  della  pena,
l'art. 10-bis, con una valutazione di assoluta equivalenza delle  due
condotte che,  non  puo'  non  rilevarsi,  appare  gia'  operata  dal
legislatore. 
    Logicamente inspiegabile appare, quindi, il diverso regime  della
rilevanza penale e la soglia di punibilita' diversamente commisurata,
che investe le condotte poste in essere anteriormente al 17 settembre
2011 a fronte della perfetta sovrapponibilita' per le condotte  poste
in essere successivamente a tale data. 
    Con l'effetto che, senza una parificazione anche per le  condotte
precedenti a quella data, tra il tenore  dell'art.  10-bis  e  quello
dell'art. 10-ter come modificato con riferimento proprio alla  soglia
di punibilita' dalla citata sentenza n. 80 del 2014, si  avrebbe  una
disparita' temporanea e transitoria per  la  quale  non  si  rinviene
spiegazione alcuna. 
    In aggiunta, a confermare la palese insostenibilita' di un regime
giuridico differenziato tra la previsione dell'art. 10-bis  e  quella
dell'art. 10-ter in esame, vi  e'  il  fatto  che  l'art.  10-bis  e'
richiamato, quanto alla soglia di  punibilita'  e  alla  pena,  anche
dall'art.  10-quater,   che   punisce   le   condotte   di   indebita
compensazione e che e' applicabile anche alle  comprensioni  indebite
effettuate al fine di non corrispondere l'IVA (su cio' v. Cass., sez.
III,  sentenza  n.  42462  del  2010),  con  l'effetto  che  l'omesso
versamento dell'Iva e delle ritenute certificate  avrebbe  un  regime
identico  in  caso   di   evasione   realizzata   mediante   indebita
compensazione e, invece, avrebbe un regime differenziato (per  l'arco
temporale fino al 17  settembre  2011)  per  la  mera  omissione  del
versamento. 
    Per cui, effettivamente, non sembra manifestamente  infondata  la
prospettazione  svolta  in  via   principale   dalla   difesa   circa
l'estensibilita' anche al disposto dell'art. 10-bis delle valutazioni
compiute dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza n. 80  del
2014. 
    Difatti, nella citata sentenza sono poste a raffronto fattispecie
relative alla medesima imposta (ossia l'IVA), che  prevedevano  (fino
al 17 settembre 2011) una punibilita' differenziata, piu' rigida  per
ipotesi evidentemente meno gravi, con argomentazioni  giuridiche  che
pacificamente possono essere estese anche  al  confronto  tra  l'art.
10-bis e gli artt. 4 e 5 del  decreto  legislativo  n.  74  del  2000
(dichiarazione infedele  e  omessa  dichiarazione)  nonche'  all'art.
10-ter del decreto legislativo n. 74 del 2000. 
    Nello specifico  la  Corte  ha  sostenuto  che  "La  lesione  del
principio di uguaglianza insita in tale assetto e' resa manifesta dal
fatto  che  l'omessa  dichiarazione  o  la   dichiarazione   infedele
costituiscono  illeciti  incontestabilmente  piu'  gravi,  sul  piano
dell'attitudine lesiva degli interessi del fisco, rispetto all'omesso
versamento  dell'IVA:  e  cio',  nella  stessa   considerazione   del
legislatore,  come  emerge  dal  raffronto  delle   rispettive   pene
edittali". Anche in questo caso, infatti, si puo'  ripetere,  con  la
Corte  Costituzionale,  che  "il  contribuente   rende   la   propria
inadempienza tributaria palese  e  immediatamente  percepibile  dagli
organi accertatori: sicche', in sostanza, finisce per essere trattato
in modo deteriore chi - coeteris paribus - ha tenuto il comportamento
maggiormente meno trasgressivo". Concludeva con la  dichiarazione  di
illegittima   costituzionalita'   dell'art.   10-ter   del    decreto
legislativo n. 74 del 2000 "nella parte in cui,  con  riferimento  ai
fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento
dell'IVA, dovuta in base alla  relativa  dichiarazione  annuale,  per
importi non superiori,  per  ciascun  periodo  di  imposta,  ad  euro
103.291,38".